Da quando era morta zia Eneide, zio Marino festeggiava il
pranzo di Natale con noi. Gli piaceva stare a tavola con le sue sorelle e poi,
scomparsa anche zia Lidia, con Italia, la sorella più piccola, a casa sua, con
le sue figlie, generi, nipoti. Arrivava affannato lungo le scale ripide, con
torroni e libri per i ragazzi che ricordava tutti per nome, baciava,
abbracciava, ma negli ultimi due tre anni che la sorella era molto malata
arrivava un po’ prima, la trovava a letto fino al momento di andare a tavola
mentre Anna in cucina controllava la cottura del brodo di cardone. Si sedeva
sulla poltrona in camera a fianco al letto di mamma alta sui cuscini col suo
mal di cuore, parlavano certo della salute, perché poi mamma ci informava di
lui, ma non si lamentavano tanto, in fondo si stupivano di essere diventanti
vecchi e di essere rimasti i soli della loro famiglia d’origine, la sorella lo
rimproverava un po’ di essere sempre lei a telefonargli e lui sorridendo le
dava ragione, stavano accanto, lui diceva vorrei venire a trovarti più spesso
ma sai le scale… e lei gli chiedeva cosa mangiava, sempre preoccupata del cibo,
ce la fai a cucinarti?
Fino a poco tempo prima a volte gli preparava le sagne e se
ne stavano insieme in cucina sorella e fratello a parlare dei figli e dei
nipoti. Ma anche di politica. Zio Marino era molto informato e mamma era
curiosa, lo ascoltava, a volte lo contraddiceva, ma in fondo teneva molto in
conto il suo parere.
A Natale sedevano una schiera di uomini, zio Marino con i
generi di Italia e parlavano un po’ di politica, attenti a non urtarlo troppo
coi discorsi sinistra-destra ma tutti d’accordo contro Berlusconi. A volte
raccontava della sua giovinezza, della guerra, ma poi intervenivamo noi nipoti
a chiedere dei cugini, di Mara e di Marco, di Alessandra e Maria Cristina e lui
contento ci dava notizie. Intanto mangiavamo antipasti, tagliatelle e lui
assaggiava tutto, con moderazione, apprezzava il brodo col cardone della tradizione e fu
entusiasta del panettone di 5 chili che Pino portò da Roma perché era un bel
colpo d’occhio. Auguri! E alla salute!
Con Raffaella e Giancarlo parlava anche di pubblica
amministrazione intanto che Raffaella sporzionava il suo agnello, domandava a
Laura della scuola e sempre le regalava un libro.
Non mancava mai una storiella che finiva a ridere, una
barzelletta, ma se aveva bevuto un bicchiere in più rischiava di partire per
un’arringa accorata contro la società odierna e allora cercavamo di cambiare
discorso. Gli uomini la buttavano sul calcio, interveniva Marco adolescente
vivace, le nipoti correvano in cucina a preparare i caffè e portavano in tavola
i cavicioni per prendere tutti per la gola.
Mamma a quel punto era già tornata a letto, non riusciva mai
ad arrivare alla fine del pranzo per la mancanza di respiro. Quando anche zio
Marino cedeva e Giancarlo si preparava ad accompagnarlo a casa andava a
salutare la sorella nel dormiveglia ed erano baci e abbracci con tutti, il suo
sorriso indimenticabile.
Roberta
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