domenica 8 novembre 2009

Il “Fato turchese”

La notizia – che ha destato molta curiosità – viene da Napoli. Ma andiamo con ordine. Il “Fato turchese” non è l’alternativa maschile alla “Fata turchina” di collodiana memoria, ma Il “destino cinico e baro” di cui è stato vittima Dario Franceschini – nella versione dei democratici napoletani “Franceschiello” – che, per solidarietà al giudice (che dicono abbia stabilito col pallottoliere la somma che la Mondatori dovrà versare a Debenedetti), volle indossare le calze turchesi che ostensibilmente mostrò alle telecamere mentre era in visita in Abruzzo. Ricordate?: «Non intervistate me ma inquadrate le mie calze turchesi…» Ma quelle calze, ahilui!, gli hanno portato jella.
«Il fato turchese,» dunque, lo ha visto sconfitto al Congresso del PD che ha eletto il proprio segretario nella persona di Bersani.
Ma se la “calza turchese” non ha portato fortuna a Franceschini, anzi, Franceschini ha portato jella alla “calza turchese”, diventato ormai simbolo di sfortuna, tanto che la ditta produttrice, secondo alcune indiscrezioni, avrebbe deciso di toglierle dalla circolazione, tra l’altro seriamente preoccupata dalla notizia circolata recentemente secondo cui tutta la magistratura italiana, per solidarietà al giudice, oltre alla toga e al tocco, vorrebbe rendere obbligatorio indossare nelle udienze le calze turchesi. Se è vero che porti jella, pensate che disastro per la giustizia italiana…
Ed ecco la notizia napoletana. Un esercente che della calza turchese aveva abbondante scorta, avrebbe avuto una idea scaramantica: mettere in vendita le calze turchesi con un cornetto rosso cucito alla calza sinistra. L’avrebbero chiamato “stile Franceschiello”.

domenica 1 novembre 2009

Il “Caso chiuso”…

È la logica della “travagliata ditta” dell’ossigenato comunista miliardario: «Marrazzo si è dimesso il caso è chiuso. Il reato è stato commesso dai carabinieri, processiamo Berlusconi.» Punto. Sorprendente! Ma tant’è…
La sbrigativa soluzione, se soddisfa i plaudenti trinaricciuti (per dirla alla maniera di Guareschi), in trasmissione o fuori, certo non se la devono gli italiani, che non si lasciano abbindolare da troppo palesi mistificazioni, che al confronto le performance del mitico trasformista Rudinì sembrerebbero robe da dilettanti allo sbaraglio…
Ma vediamo perché il caso non è affatto chiuso…
Se un Prefetto, o un qualsiasi altro funzionario di Ente pubblico, usa l’auto (con autista) dell’Ente per la spesa della signora, o per fare accompagnare la figliuola a scuola, commette il reato di “peculato d’uso”. Piero Marrazzo (e ci dispiace per lui), con auto, autista e carburante della Regione Lazio ci andava a puttane – o viados, trans, che dir si voglia, sempre prostituti/e erano – e, a prescindere dall’aspetto morale della squallida vicenda, con un notevole aggravio economico per l’Ente e, di conseguenza, per i contribuenti.
Se c’è un giudice a Roma, presto sapremo anche quanto straordinario è stato corrisposto negli ultimi tempi all’autista della Regione Lazio che, sino a tarda notte, lungo la Via Gradoli, tra una sigaretta e l’altra, attendeva in auto – “qualche centinaia di metri più giù” – che il Governatore riemergesse dalla trans-alcova…
La sbrigativa chiusura troverà certamente consenzienti i moralisti (si fa per dire) di Repubblica, Unità, Il fatto, et similia, ma non i cittadini onesti, che hanno bene percepito che più che di “caso chiuso”, si tratta di “case chiuse”, o qualche cose del genere…