lunedì 28 maggio 2012

IL POPOLO ITALIANO ALL’ULTIMA TORNATA ELETTORALE

L’ultima tornata elettorale mi ha riportato alla mente una gag comica di uno spettacolo di varietà: la “spalla” chiedeva al comico: «Tu di che partito sei?», e quello: «Io sono “demo”», «Vuoi dire democristiano?», il comico: «Come ti viene in mente», «Allora sei democratico liberale?», «Assolutamente no!». «Sei democratico socialista», incalza la “spalla”. «Ma stai scherzando?». «Allora, che razza di “demo” sei?». E il comico: «Sono demo-ralizzato…»
Quello italiano che è andato (o non è andato) a votare è un popolo “demoralizzato”. Stremato (e disgustato) da una classe politica di affaristi spesso corrotti, incapaci e voraci, dalle “paghette” ai figli fannulloni, da un governo di banchieri chiamato a riparare i guasti da essi stessi promossi.
Avevano promesso Mari-o Monti, invece il popolo demoralizzato si è ritrovato sul viale del “tra – monti”, ombreggiato da cipressi, che reca ai fallimenti, alla disoccupazione alla disperazione e ai “suicidi”. Una politica economica e fiscale vessatoria, imposta da lobby finanziarie internazionali, alla cui soluzione dovrebbero provvedere esponenti… di lobby finanziarie internazionali…
Ora mi è più chiaro il senso della denuncia di anni fa – dell’insigne e compianto scienziato Giacinto Auriti – contro il governatore pro-tempore della Banca d’Italia, per “truffa, usura, falso in bilancio e istigazione al suicidio”. La singolare sentenza che fu emessa dal Tribunale di Roma non negava l’esistenza di quei reati, ma scagionava il governatore dell’Istituto da ogni responsabilità per mancanza di dolo, poiché … “si era fatto sempre così”.
Certo, si era fatto “sempre” così, senza che nessuno ne denunciasse l’essenza criminogena. Ma dal momento che, finalmente, la colossale truffa veniva denunciata?…
Gli è che si trattava (e si tratta) di banche, ovvero la potente congrega di usurai che hanno carpito agli Stati la prerogativa di battere moneta “a nome e per conto del popolo”. La lobby bancaria realizza la moneta “senza limiti e senza costi”, ovvero a solo costo tipografico, lucrando dell’intero valore nominale (il signoraggio), valore che il popolo gli conferisce accettandolo come mezzo di pagamento.
“E io pago!…”, direbbe Totò…

Marino Solfanelli