domenica 6 aprile 2014

L'ultima intervista a David Ferrante (dicembre 2013)

Perché scelsi la Repubblica di Mussolini.
L’ultimo racconto di Marino Solfanelli.

di David Ferrante

Volevamo fare questa chiacchierata già dal 2010, per una mia richiesta. Poi gli impegni personali, il lavoro e i miei tempi da “domani si farà”, fecero sì che passarono i giorni, che divennero anni, che divenne una vita.
Ci vedevamo non raramente ed ogni volta il mio «signor Solfanelli, dobbiamo fare quella cosa» e il suo «quando vuoi David», ipotizzavano un tempo che mai sarebbe passato e che purtroppo passò. Si fuggiva irrazionalmente la realtà come se fosse un concetto astratto proposto in qualche fantasioso racconto di uno di quegli innumerevoli libri che tassellavano la sua vita e la sua scrivania.
Uscì il suo libro Un amore nella bufera, si narrava di quelle immagini che già mi aveva descritto. Di lui tradito da coloro "dell’armiamoci e partite". Di lui una notte intera dentro un canale d’acqua gelida, con i brandelli del suo commilitone, esploso su una granata, sparsi sul corpo. Una comune storia d’amore giovanile in un tempo per niente comune. Un tempo in cui la morte prevaleva ma non riuscì ad uccidere l’amore e la dignità.
Leggendo le pagine della sua storia lo immaginavo mentre camminava, chiuso dentro il suo cappotto, lungo un freddo corso Marrucino mentre, con lo sguardo nel vuoto, rifletteva canticchiando: “A noi la morte non ci fa paura”, come magra consolazione a tutto quel freddo di morte, una grossolana esorcizzazione della paura, della morte; “ci si fidanza e ci si fa l’amor, se poi ci avvince e ci porta al cimitero s’accende un cero e non se ne parla più”. Troppo forte la luce di quell'onore per arrendersi e tornare indietro. “Qualcuno arriccia il naso vorrebbe biasimar ma noi non si fa caso si tira a camminar (…) Vogliam morire tutti crocefissi, per riscattare un’ora di viltà”.
Succede che un giorno non potemmo bere quel caffè amicale perché non lo trovai alla sua scrivania, dopo oltre ottant’anni non era più seduto dietro una tastiera e non ci sarebbe più tornato.
In ospedale? Una persona sofferente? Non ne avevo la forza ma decisi per quella promessa fattagli, anzi, fattami. Dolorante, in fin di vita, sul letto d’ospedale, lucido e profondo come se veramente il tempo fosse una racconto di fantasia.

«Signor Solfanelli, allora mi racconta finalmente perché scelse Mussolini dopo l’8 settembre? O aspettiamo un altro po’?»

Probabilmente era la scusa per salutarci.

«Prima di aderire alla Repubblica Sociale Italiana ero studente, amavo la vita e il teatro. Non avevo un buon rapporto con il Fascismo, anzi. Facevo attività teatrale e con la mia compagnia stavamo per mettere in scena un’opera. Un commissario di pubblica sicurezza venne a vedere la prova generale e, dato che un personaggio di quest’opera prendeva in giro un ispettore di polizia, non ci concesse l’imprimatur. Non potemmo andare in scena. Le autorità locali fasciste avrebbero potuto revocare questo diniego ma non lo fecero e per questo mi incazzai col Fascismo.
Dopo le orrende giornate in cui bombardarono Pescara1 e dopo che fu costituita la Repubblica Sociale Italiana2, occorreva che io facessi una scelta: o con gli uni o con gli altri! Avevo una cultura basata sull’italianità e sull’onore.
Di sprone mi fu una frase di Alessandro Pavolini: «È l'antico tricolore che in una lontana primavera nacque senza stemmi sulla sua parte bianca, là dove noi idealmente iscriviamo, come su una pagina tornata vergine, una sola parola: "Onore!"»3
E il discorso alla radio di Graziani che disse: «Chi vi parla è il Maresciallo d’Italia, il quale, durante la sua lunga vita di soldato, ha ampiamente conosciuto fortuna e malasorte, e, per le sue armi, il sole della gloria o l’ombra dell’ingratitudine. Adesso egli è stato chiamato dal destino a stringere il pugno intorno alla spada per cancellare la macchia della vergogna, con la quale l’infedeltà e il tradimento hanno deturpata la bandiera d’Italia. La fase di ogni tradizione militare è il senso dell’Onore.»4

e scelsi per quella parola: ONORE!

Provai schifo per ciò che fece la casa regnante e il maresciallo Badoglio5. Si può uscire da una guerra con dignità, anche come perdenti. Ma non di certo come fece Badoglio che da un momento all’altro disse che da quel istante bisognava sparate contro coloro che un attimo prima erano alleati, i tedeschi.
Fu una ignominia! Un atteggiamento inaccettabile.
Allora scelsi e scelsi di stare con Mussolini. Fui scelto per far parte dei servizi segreti della Repubblica Sociale Italiana e dei servizi speciali della Guardia Nazionale Repubblicana.
Era mutato lo spirito della gioventù italiana!
L’Italia non sarà mai completata finché non si faranno gli italiani!»





1 Durante la Seconda Guerra Mondiale le forze alleate bombardarono pesantemente la città di Pescara. Il 31 agosto, il 14, 17 e 20 settembre del 1943 i missili alleati distrussero la città abruzzese causando migliaia di vittime.

2 Repubblica Sociale Italiana (RSI) – La sua nascita viene fatta risalire al discorso pronunciato il 18 settembre 1943, attraverso Radio Monaco, da Benito Mussolini, condotto in Germania da soldati tedeschi dopo averlo liberato dalla prigionia a Campo Imperatore sulle montagne abruzzesi. Nel discorso, infatti, annunciò la creazione di uno Stato nazionale e sociale. Il 23 settembre, al suo rientro in Italia, il Duce proclamò la costituzione della Repubblica Sociale Italiana. L'Italia era divisa in due: il Meridione controllato dagli forze alleati sotto la luogotenenza del Re e il Settentrionale nelle mani dei tedeschi e di Mussolini capo del neo istituito governo. Il nuovo governo si insediò sulle sponde del Lago di Garda nei pressi di Salò, da qui l’appellativo Repubblica di Salò. I ministeri furono dislocati in varie località della RSI. Il nuovo governo del Duce ebbe fine nella primavera del 1945.

3 Chiusa del discorso di Alessandro Pavolini chiamato a presiedere il primo ed unico Congresso del Partito Fascista Repubblicano (PFR) , tenutosi a Verona nel novembre del 1943.

4 Stralcio del discorso tenuto dal Maresciallo d’Italia Rodolfo Graziani il 25 settembre 1943 al Teatro Adriano e trasmessa su Radio Roma, in cui spiega perché ha accettato la nomina a ministro della difesa della RSI e invita tutti ad arruolarsi nel nuovo esercito repubblicano.


5 Fuga di Pescara, fuga di Ortona o fuga di Brindisi: Il giorno successivo all'annuncio dell’armistizio del 8 settembre 1943, il Re d'Italia Vittorio Emanuele III, il capo del governo il maresciallo Badoglio, alcuni esponenti della Real Casa, del governo e dei vertici militari, fuggirono da Roma verso Brindisi lasciando il Paese e l’esercito senza direttive e allo sbando totale.

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